Spunti intorno alla Parola: 15a Domenica del Tempo Ordinario (12 luglio)
Un piccolo approfondimento su quanto dice il Signore nel Vangelo di oggi…
Vincent Van Gogh, Il seminatore
Perché parli loro in parabole?
di Ileana Mortari
Inizia quest’oggi la lettura del cap.13° di Matteo, che si protrarrà per altre due domeniche e che ci presenta sette parabole che hanno per oggetto il Regno di Dio.
Che cos’è la parabola e perché Gesù parla in parabole?
Nei vangeli sinottici “parabolè” indica una caratteristica forma di discorso di Gesù, che esprime in modo figurato messaggi fondamentali della sua predicazione. Il contenuto delle parabole deriva dall’ambiente familiare all’ascoltatore di Gesù, in parte dalla vita della natura (parabole del seminatore, del grano e della zizzania, della pecora smarrita, della vigna e dei vignaiuoli…), in parte dalle varie condizioni sociali (i due debitori, l’amministratore disonesto, il servo fidato, etc.).
Gesù si serve di tale genere letterario per esprimere realtà spirituali, invisibili, soprannaturali, mediante paragoni e analogie tratte dal mondo materiale, visibile, naturale, così da introdurre l’ascoltatore ad un altro piano del discorso; in sostanza il discorso parabolico di Gesù ha per contenuto quello che è l’oggetto primario e principale della sua predicazione e missione: il mistero del Regno e della sua venuta tra gli uomini. Al Regno si riferiscono infatti sia le quattro parabole di Marco 4, che le sette parabole di Matteo 13 e le quattro parabole di Luca 8 e 13.
Nel brano di oggi, oltre al racconto di una parabola (vv.3-9 ) e alla spiegazione di essa da parte di Gesù (vv.18-23), ci sono ben otto versetti (vv.10-17) dedicati proprio al discorso parabolico in sé, per rispondere all’interrogativo dei discepoli: “Perché parli loro in parabole?”
Non a caso la questione viene affrontata quando il Maestro ha già dato inizio al suo ministero. La sua predicazione ha già suscitato numerosi consensi tra gli abitanti della Galilea, ma anche molta opposizione da parte dei rappresentanti ufficiali della religione ebraica (cfr. Matteo 12). Anche i gesti di liberazione compiuti da Gesù (guarigione dell’emorroissa, dell’uomo dalla mano arida, dell’indemoniato cieco e muto, etc.) suscitano da una parte gioia ed entusiasmo, e dall’altra odio e rancore; a tal punto che i farisei arrivano a dire: “Costui scaccia i demoni in nome di Beelzebul, principe dei demoni” (Mt.12,24)! Non solo, ma pure il precursore Giovanni Battista ha chiuso la sua missione nell’insuccesso e nel sangue.
Ora, il forte dubbio e il conseguente grande interrogativo che si pongono i seguaci di Gesù è: “Ma perché mai l’annuncio del Regno, che è annuncio di gioia, pace, realizzazione, adempimento delle promesse messianiche tanto attese, incontra tante difficoltà e tanta opposizione?”
Gesù fornisce una duplice risposta. Con la parabola del seminatore Egli afferma che sì, è vero, difficoltà di vario tipo ostacolano lo sviluppo del seme (terra arida, luogo sassoso, spine), ma “un’altra parte cadde sulla terra buona e diede frutto, dove il cento, dove il sessanta, dove il trenta” (v.8). Con questo Gesù assicura che, aldilà dell’apparenza, il seme (cioè il Regno, la Parola di Dio), là dove incontra la “terra buona”, dà frutto, e che frutto! Per capire il significato delle percentuali, occorre sapere che ai tempi di Gesù una buona resa del seme era considerata quella di 7/10 volte di più e tuttora, nel mondo arabo, per dire che una cosa ha reso tanto, si dice che ha reso 50 volte di più, ma è un’espressione paradossale, una cosa normalmente impossibile! Ora, se Gesù dice che il seme sparso sul terreno buono può dare addirittura il 30, il 60, il 100 per cento! vuol dire che, aldilà dell’apparenza e di quello che noi possiamo vedere e constatare con i nostri occhi, la Parola accolta e messa in pratica ha reso molto, ma molto di più di quanto ci si poteva aspettare! Se gli ostacoli alla crescita del seme sono tanti, la sua resa finale è ancora più inaudita: la parte positiva è certamente superiore a quella negativa. Certo, resta misterioso il modo in cui ciò avviene, ma Gesù ci comunica la certezza della riuscita.
La seconda risposta di Gesù riguarda la ragione principale per cui c’è chi accoglie e chi rifiuta il suo messaggio: è l’indurimento del cuore, già verificatosi nell’antico popolo di Israele (cfr. la lunga citazione di Isaia 6,9-10 ai vv.14-15). E’ il grande mistero della libertà dell’uomo, che Dio rispetta, accettando di conseguenza anche il rifiuto dei suoi doni di amore.
Per questo Gesù parla in parabole, per rispettare appunto la libertà dei suoi ascoltatori: a chi ha il cuore indurito non servirebbe parlare più chiaramente, perché – come è successo – si può giungere perfino a negare l’evidenza, come abbiamo prima ricordato da parte dei farisei, che accusano Gesù di operare in nome di Beelzebul!
Viceversa, chi ha il cuore aperto e si fida di Gesù, ha la disponibilità d’animo per capire e accogliere la Parola; ecco perché in privato Gesù spiega la parabola ai suoi discepoli: in loro trova un terreno fertile e pronto ad accogliere il suo messaggio.
E questo spiega anche la frase così enigmatica del v.12: “A chi ha sarà dato e sarà nell’abbondanza; e a chi non ha sarà tolto anche quello che ha”: colui che ha il cuore aperto e dunque è disponibile e iniziato alla conoscenza dei “misteri del regno dei cieli” (v.11) diventerà ancora più ricco e si vedrà pienamente appagato da Dio; chi manca di tale disponibilità si ritroverà sempre più povero.
Qui sotto un bel canto di don Marco Frisina, che mette in musica la parabola del Vangelo di oggi: ascoltarlo può essere utile a memorizzare e ascoltare con più attenzione…